domenica 1 febbraio 2015

Dinamiche relazionali ed esperienza sportiva nelle trans-formazioni del femminile. Di Daniela Ripetti-Pacchini

                           
            Dal Congresso “Donna, Salute e Sport” 1990


Il termine trans-formazioni è un pò la chiave del mio intervento e del mio pensiero.
Si può intendere infatti lo sviluppo come un processo continuo, non uniforme. Ogni fase di transizione, di passaggio, è una fase critica (‘dissipativa’) in cui sono possibili varie soluzioni e scelte creative di sviluppo delle potenzialità specifiche di ogni fase, oppure esiti bloccanti, riducenti la flessibilità o a volte portando addirittura a morte fisica o psichica la ‘persona’ (intesa come identità integrata in tutti i suoi aspetti, consci e inconsci, femminili e maschili, che potremo anche identificare con il Sé).
Secondo Money (J.Money, 1975) i grandi periodi critici dello sviluppo femminile sono quattro:
1.     il periodo della vita fetale
2.     il periodo della pubertà
3.     il periodo della gravidanza e del puerperio
4.     il periodo della menopausa.

Sono critici, poi, tutti quei periodi “in cui si verificano malattie implicanti una ferita grave sul Sé somatico in quelle parti che simbolicamente rappresentano la femminilità” (J. Baldaro Verde,1987).
Il contesto relazionale e socio-economico in cui tali periodi sono vissuti ‘surdetermina’ la direzione dello sviluppo. L'individuarsi della persona procede inoltre attraverso formazioni o passaggi di transe (da cui il termine trans-formazioni) e la ‘persona’ può essere presente in una fase e venire dissolta in un’altra.
La trance (o transe) com’è stata da me definita (D.R. Pacchini,1989), è una condizione di particolare plasticità neuropsicofisiologica in cui è possibile accedere a tutte le potenzialità consce e inconsce per svilupparle ed enfatizzarle o viceversa per coartarle, atrofizzarle.
La transe è la via per un cambiamento radicale in senso creativo o distruttivo.
Nei contesti sociali transe più o meno profonde insorgono facilmente in rapporto a specifiche gestalt e contesti emotivo-comunicazionali (ad es. in rapporti di dipendenza, con l’inibizione sessuale, doppi legami, focalizzazione dell’attenzione, comunicazioni confondenti e tattiche persuasive varie) e sono legate al grado di coinvolgimento in certi ruoli (role playng) indotti dal contesto socio-comunicazionale e dalla microfisica di potere ivi presente. Esse sono particolarmente suscettibili ad essere indotte nei periodi critici suddetti e nelle ‘rest-phases’ del ciclo ultradiano.
Come scrive anche la Ritterman (M. Ritterman, 1985) "i contesti sociali e la famiglia possono ipnotizzare le persone" ed espongono gli individui continuamente al rischio di vivere la propria esperienza con coscienza assoggettata o coscienza libera.
Tralasciando ogni disanima del contesto storico-sociale più generale (perché ci porterebbe troppo lontano), una delle strutture a rischio per lo sviluppo psicofisico è l’istituzione famiglia, anche nella versione più moderna. Non mi riferisco qui a quegli insiemi ‘naturali’ di persone unite da rapporti d’affetto e d’amore sessuale, quanto a quell’organizzazione coercitiva altamente formalizzata e azienda (piuttosto diffusa) definita da W. Reich "famiglia coattiva" e la cui funzione sociopolitica di riproduzione e stabilizzazione dell’ordine e dei valori vigenti era divenuta sempre più predominante nel secolo scorso. Il ruolo del ‘temenos’ familiare è tuttavia andato progressivamente scadendo perché non più così funzionale alla società industriale avanzata se non come area di un eterno provvisorio parcheggio per i figli precarizzati dalle continue ristrutturazioni capitalistiche. Tale funzione si associa a quella ancora più mercuriale e subliminale dell’ ‘autorità anonima’ dei mass-media di cui l’istituzione famiglia è divenuta cassa di risonanza. (D.Ripetti-Pacchini,1989-'90)
Quanto più alta è la costrizione formale, tanto più patogenetica è la famiglia, quanto più non dipende dalla libera accettazione e disponibilità dei membri, ma da coercizioni e ricatti relazionali e non è basata su una sana sessuoeconomia (ma sul moralismo-pornografico tipico delle istituzioni coattive) tanto più involutive e mortifere sono le induzioni di trance familiari.
Nella famiglia e nel neofamilismo contemporaneo si è assistito inoltre ad uno spostamento dei figli “da una posizione relativamente periferica, ad una posizione di assoluta centralità” (M. Selvini Palazzoli,1988), ma questo fatto invece di recare grandi vantaggi ha comportato notevoli patologie e devastazioni nella vita degli individui e nella loro libertà.
Il mutamento occorso nella struttura familiare è intrinsecamente connesso allo sviluppo del capitalismo maturo ed alla svalutazione e alienazione in questa società dell’individuo che, non potendo trovare in essa effettivo spazio e sostegno, è spinto a cercare compensazioni simboliche e a delegare la propria protezione al  ‘clan famiglia’, protezioni per cui paga spesso e volentieri altissime tangenti quanto più è senza potere.
Il figlio-oggetto rappresentante simbolico della potenza e del prestigio genitoriale (‘ectoplasma genitoriale’), è il nuovo trastullo concesso ai timori-e-tremori di cittadini dall’identità precaria, nuovo bene di rappresentanza accanto alla casa, all’auto, ai beni mobili e immobili.
In questo scenario la crescita diviene particolarmente insidiosa.
Siamo passati da una fase in cui era la nascita del figlio maschio ad essere ambita, ad una fase in cui richiesta è proprio la figlia femmina e come fa notare Laura Corti (1987) “La parità non c'entra ... ma piuttosto il fatto che tra i figli le femmine sono strumenti più docili, più affidabili: in una società in cui i vecchi sono emarginati e soli, dalla figlia ci si aspetta che più del figlio ... assista l'invalidità, colmi la solitudine ... Essa rappresenta un rifugio per chi la genera e dunque è per altri, non per sé. E vivere senza essere il fine della propria vita, non è un vero vivere”.
Dal momento che la percezione e l’immagine di sé è intrinsecamente legata alla trama di relazioni intessute con e dalle persone circostanti, focalizzerò l’attenzione su alcune dinamiche relazionali nodali nell’esperienza d' individuazione della persona e nella sua patogenesi.
Schema interpersonale tipico delle famiglie coattive è la “triangolazione e l’utilizzo più o meno consapevole ed in varia forma dei figli” (R. Perotti 1985). Accanto al complesso di Edipo ed Elettra, o meglio di Mirra (la figlia del re del Libano innamorata del padre), presente nella famiglia borghese occidentale, esiste nei bambini una tendenza a crescere verso l’autonomia e l’accoppiamento eterofamiliare.
Il ‘rimosso’ (spesso anche nella letteratura psichiatrica) di queste vicende, è però il blocco della crescita attuato da genitori di figli disfunzionali e l’attaccamento patogeno dei genitori verso i figli. E quanto più forte è il desiderio (mascherato da doppi messaggi senza fine) e la seduzione genitoriale, tanto più alta è la patologia e l’impossibilità successiva dei figli a stabilire reali rapporti extrafamiliari e ad esistere.
Come Crono, la cui prerogativa distintiva era divorare la prole, un certo numero di genitori  (o di loro rappresentanti), divorano, fanno propria la vita dei figli, vuoi per impotenza o altri problemi sessuali (ginecofobia, ambivalenza verso gli uomini o le donne), vuoi per ricattare e dissuadere un coniuge dalla separazione. 
Nelle trans-formazioni del femminile, la bambina può essere bloccata ad es. dalle transe mortifere o dallo ‘straziante dolore’ ricattatorio di una madre Demetra (non a caso figlia di Crono) che insegue Persefone per tutta la terra per riappropriarsene o può incorrere nell’eventualità di un padre seduttore (puer aeternus) che invece di avere un rapporto d’amore privilegiato con la moglie o un’altra compagna, diviene partner della figlia mettendola al primo posto (D.R. Pacchini,1984-1989; M. Woodman,1985; J.B.Verde,1987).
Alcune ricerche effettuate (J.Baldaro Verde 1987) hanno permesso di verificare come il comportamento del padre seduttivo (esistono anche madri seduttive) causi danni maggiori di un incesto avvenuto.
Oppure c’è il caso del padre o della madre-tiranno; questi considera figlia e coniuge quali oggetti parziali al suo servizio impedendo l’investimento d’amore su di sé. Assieme al coniuge frustrato trasmette alla figlia un modello negativo di rapporto uomo-donna.
Il distacco dalla famiglia (evento da consumarsi nella fase di transizione adolescenziale), così come l’emancipazione e le trasformazioni positive del femminile divengono estremamente problematiche in presenza di dinamiche familiari di questo tipo. Tali dinamiche rappresentano inoltre alcuni dei principali freni alla pratica sportiva ed in particolare ad una pratica intesa come esperienza d’autosviluppo.
D’altro lato il contesto sociale più ampio non offre grandi opportunità di crescita. L’adolescente dall’identità incerta è infatti un appetibile oggetto di manipolazione a fini di mercato. La ‘condizione adolescenziale’, favorita dal contesto socio-economico capitalista (fase sempre più lunga in questa società), implica una continua ricerca (insoddisfatta) di conferme e modelli d’immagine; chi attraversa questa fase è quindi potenzialmente molto responsivo alle suggestioni dei mass-media ed al fenomeno della ‘riprova sociale’ ad essi connesso.
La saturante eterogeneità d’immagini – chiacchiere – travestismi offerta dai mass-media, rende difficile alle incertezze dell’adolescente sentirsi, scegliere, sperimentarsi, ed in genere ciò favorisce la scelta rassicurante d’immagini e modelli stereotipi proposti e riproposti come ancore comportamentali o anche modelli apparentemente ‘trasgressivi’ ma di fatto  preconfezionati e conformi alle sempre cangianti necessità del mercato e del consumo.
Manca infatti lo spazio privato realmente intimo, il silenzio, il contatto intra e interpersonale forte per l’esperienza in sé.
L’ambiente sportivo, se pure anch’esso attraversato dalle stesse contraddizioni e malori del contesto generale, può offrire tuttavia una grande possibilità. Come scrive anche A. Salvini (1982): “Lo sport offre uno spazio d’esperienza che in qualche maniera consente il superamento del recinto familiare e la costrizione conformista del gruppo dei coetanei”. La pratica sportiva femminile benché non sia esente da pregiudizi ed ancora modestamente diffusa tra le donne (M. Guicciardi, A. Salvini, 1988), spezza l'immagine tradizionale della donna riconoscendole quei fondamentali bisogni d'espressione psicofisica, di cui è stata storicamente e socialmente deprivata.
Il corpo, per la donna sportiva, può diventare una via maestra per la conoscenza di sé, così come la sfida, la tensione della prova competitiva, spingendola a mettere in gioco tutta sé stessa, può essere un mezzo per rivelarle e addestrare capacità sconosciute e per promuovere una risintesi interiore.
Secoli di aspettative limitanti la percezione e lo sviluppo delle proprie potenzialità psicofisiche, avevano realmente segnato in senso restrittivo il destino, il comportamento e la neurofisiologia femminile come molte ricerche hanno messo in evidenza (M. Guicciardi, A. Salvini, 1988) e come emerge dalla stessa ricerca nel campo dell’ipnosi e dell’ideomotricità dove si vede quanto le aspettative e l’immaginario (sopratutto se sollecitati in relazioni significative), plasmino in modo forte le risposte comportamentali. La donna-atleta è stata per lungo tempo pensata come una particolarità eccentrica statisticamente non significativa (l’eccezione che conferma la regola), spesso e volentieri come un fenomeno da baraccone o comunque come un incomprensibile oggetto-tabù, e questo ha pesato e pesa in senso negativo sulle sue motivazioni allo sport.
La crescente diffusione delle pratiche e dei risultati sportivi nei settori femminili giovanili e d’élite, ha mostrato concretamente quanto tali pratiche siano state e possano essere per la donna non l’effetto speciale di una qualche fatale anomalia, ma esperienze alternative per spezzare immagini e simulacri limitati e limitanti dentro e fuori di sé. La stessa alta prestazione presentandosi come un processo alterato o alternativo di coscienza, offre l’opportunità di essere un’intensa esperienza mentale controinduttiva e liberatoria, una transe separata che tracci e ridisegni i confini personali, rispetto agli invischiamenti e agli assoggettamenti di altre trance sperimentate in contesti familiari e sociali.
L’ambiente sportivo (nella misura in cui non riproduce dinamiche coattive), può diventare, con la facilitazione dei suoi trainer fisici e mentali, una cornice di protezione (un ‘temenos’) dove riattivare il processo di crescita ed individuazione arenatosi in reti relazionali involutive.
Certo ci saranno sempre delle coppie genitoriali a tentare di invadere anche quest’area con i propri giochi narcisistici e di controllo (come accade ad es. quando un genitore adopera le performance, sportive della figlia-oggetto per esibirsi, espropriandola del corpo e del desiderio del gioco, della motivazione allo sport e alla conoscenza) e non mancheranno, non mancano, i tentativi dei mass-media di riciclare la donna-atleta in via di emancipazione per il loro scopo di pura immagine.
Il compito dei facilitatori perciò non è semplice, essendo loro stessi suscettibili di cadere in reti relazionali invalidanti.
Studi condotti sullo sport femminile (A. Salvini 1982), indicano come in genere siano i genitori (in particolare il padre) a favorire la scelta sportiva della figlia. La loro concezione (dichiarata) dello sport è però di tipo salutistico, in senso stretto, piuttosto che legata a finalità di socializzazione e di emancipazione (quindi di distacco dalla famiglia e dai cliché sul femminile).
Orientato in modo adeguato il ‘temenos’ sportivo potrebbe rappresentare effettivamente un contesto rituale per sostenere i passaggi, le fasi critiche dello sviluppo, dovute sia ai cambiamenti fisiologici e neuro-ormonali intervenenti, sia all’evoluzione storica dell’immagine femminile. D’altronde la trasformazione in senso liberatorio del femminile ha un effetto propulsivo anche sulle potenzialità maschili, ugualmente costrette nei corsetti di rigidi e innaturali ruoli. Tutta la ricchezza di ‘persona’  che spetta alla donna, spetta anche all'uomo (non a caso adesso cominciamo a scoprire ad es. il valore della paternità e i comportamenti di tenerezza maschili). Anche l'uomo può così cominciare a sganciarsi dalle violenze psicologiche, sessuali e dagli sfruttamenti di cui è stato, ed è, ugualmente vittima.

Riferimenti bibliografici

Baldaro-Verde J., Donna Maschere e Ombre, Cortina, Milano '88.
Corti L.,"Prefazione",in  Puoi volare farfalla di Woodman M. (trad.it.), Red Ed., Como 1987; (tit.orig.) The Pregnant Virgin, Inner City Books,Toronto 1985.
Guicciardi M., Salvini A., (a cura di), La psicologia dell’ atleta, Giuffré, Milano 1988.
Guicciardi M., Salvini A., (a cura di), La psicologia dell’ atleta, Giuffré, Milano 1988. Cfr. all'interno del testo La donna atleta di M. Guicciardi e A. Salvini  e Nuovi orientamenti nell'applicazione di tecniche autoregolative allo sport di D. Ripetti Pacchini . ISBN 8814015368, 9788814015366
Money J.,Tucker P., (1975), Essere uomo, essere donna (trad. it.) Feltrinelli, Milano 1980.
Perotti R., L'incesto multiforme, Giuffré, Milano 1985.
Ripetti-Pacchini D., (1984-1989), "Lo sport come esperienza d'autosviluppo", in Semaforo Verde, Anno XXVII, 2,(259),15-18,1990; "Ipnosi e approccio multimodale nelle gare di lunga durata", Rivista Italiana di Ipnosi Clinica e Sperimentale, Anno IX, 3, 64,68,1989.
Ripetti-Pacchini D., (1983-'84), Attualità, prefigurazioni e limiti del primo Wilhelm Reich - Università degli Studi Roma - Facoltà di Psicologia.
Rittermann. M., Usig Hypnosis in Family Therapy, Jossey Bass, S. Francisco 1983.
Salvini A., Identità femminile e sport, La Nuova Italia, '82  Salvini-Palazzoli M. et al., I giochi psicotici nella famiglia, Cortina, Milano 1988.
Woodman M., The Pregnant Virgin op.cit.


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